Ti è mai capitato di provare la profonda convinzione che la gioia, nonostante tutto, esista? Sebbene le difficoltà a cui continuavo ad andare incontro sembrassero insormontabili, con i fallimenti, i pianti e i giorni di tristezza e di sofferenza, dentro di me mi convincevo sempre di più dell’esistenza di una forma di gioia stabile, una sorta di stato di grazia dell’anima, una serenità costante.

 

In Polonia negli anni ‘80 e ‘90 c’era un gruppo che faceva musica blues che si chiamava Dzem (Jam). Il loro pezzo più famoso si intitolava: “W życiu piękne są tylko chwile” (“Di bello nella vita ci sono solo pochi istanti”). Era una hit di grande successo e tutti erano d’accordo con i Dzem: nella vita, la gioia costante non esiste. Nonostante la canzone piacesse tantissimo anche a me – la cantavo continuamente – non potevo fare a meno di dirmi: “Scusa Daga, non è vero ciò che canti: la vita può essere bella sempre!”. 

 

Avevo diciassette anni, ero al liceo, indossavo vestiti da hippie e ascoltavo i testi dei Dzem, di Jim Morrison, dei Led Zeppelin o di Janis Joplin… La musica era bellissima, ma i testi si sposavano raramente con ciò in cui credevo profondamente. Alcuni mi dicevano che ero un’utopista perché “né l’amore né la gioia durano per sempre”.

Mentre crescevo, osservavo me stessa, le situazioni in cui mi cacciavo, le reazioni che avevo… Osservavo i momenti di felicità e i momenti di sofferenza. Notavo il fatto che il mondo esterno, la realtà e i successi in qualche modo sembravano influenzare il nostro modo di sentirci. Quando riuscivo a raggiungere un obiettivo ero felicissima, mentre quando fallivo o perdevo qualcosa o qualcuno… soffrivo. E più dondolavo su questa giostra, su e giù, più iniziavo a pensare che la gioia costante non potesse essere assolutamente questa. Non riuscivo a immaginarne la sua natura, ma ero sicura che dovesse possedere uno status di permanenza. Doveva esserci una condizione dell’essere completamente, perennemente imperturbabile!

 

E così ho deciso di trovarla.

 

Non sapevo dove cercare, in realtà, ma mi bastava aver deciso di “essere una persona felice per SEMPRE”. E non avevo in mente di conquistare costantemente nuovi “momenti di gioia”, perché mi rendevo conto che sarebbe bastato mangiare il mio piatto preferito, ascoltare un bel complimento o magari fare shopping ogni giorno per collezionare brevi, per quanto intense, soddisfazioni. Se credessi di poter trovare la gioia costante in questo tipo di “conquiste”, ti consiglierei ora, già da questo capitolo, di comprare un biglietto e partire per le Maldive oppure di procurarti una di quelle sostanze chimiche che una volta assunte ti regalano qualche ora di entusiasmo.

Oppure ti suggerirei di esprimere un desiderio poco realistico, da cercare di esaudire per tutta la vita, così da annegare la tua esistenza nella vana ma rassicurante speranza che, domani o fra qualche anno, riuscirai ad avverarlo, raggiungendo finalmente la tua realizzazione personale.

Come fa a sembrarti sensata, però, l’idea di dover cercare qualcosa da cui essere sempre dipendente? Se anche la trovassi, e la cosa ti rendesse felicissima, cosa ti succederebbe se un giorno, malauguratamente la perdessi? Oppure potresti sviluppare una dipendenza per la ricerca stessa: condannata a cercare l’oggetto dei tuoi desideri segreti per non trovarlo mai, come Sisifo che trascina il masso su per la china della montagna senza arrivare mai in cima! Correresti e saresti sempre focalizzata sulla scoperta di un qualcosa che ti troveresti sempre davanti al naso senza poterlo mai afferrare: la tua felicità. La soluzione non può essere lo sviluppo di una dipendenza di questo tipo: Ok, ora sono riuscita a ottenere questo o quest’altro, va bene, sarò felice per un po’, ma mi rendo già conto che non è ciò che cercavo davvero. Devo cercare di nuovo. Devo sbrigarmi. Devo correre più veloce.

 

“No, no, non può essere questa la strada da percorrere!” – pensavo.

 

Non mi sarei accontentata di una serie di momenti felici. Non volevo vivere più su questa altalena che una volta mi portava su e la volta successiva mi trascinava violentemente giù. Non volevo vivere tra “pick & down”, non volevo sempre essere “alla ricerca”, non volevo preoccuparmi perennemente di cosa mi sarebbe successo se il mio obiettivo non si fosse realizzato…

Non potevo vivere senza sapere se il giorno dopo mi sarei svegliata felice o triste, se l’uomo per cui mi ero presa una cotta mi avrebbe invitata a uscire oppure no, se il manager sarebbe stato contento dei miei risultati o se invece mi avrebbe tirato le orecchie. Non avevo certezza alcuna al di fuori dello stipendio e della possibilità di ottenere facilmente un altro di quei “tot” di gioia a pagamento comprandomi una maglietta alla moda che, molto probabilmente, avrei indossato una volta sola e poi dimenticato in mezzo alle altre cento nell’armadio.

Ecco perché ho deciso di trovare la GIOIA. Quella vera.

Volevo vivere felice. Volevo percepire la gioia dentro di me. Volevo ESSERE una donna felice. Ci tenevo ad avere fiducia, a sentire nel profondo e in modo COSTANTE, che tutto sarebbe andato bene. Ci tenevo a conquistare una serenità che mi desse la forza di affrontare ogni situazione, che mi sostenesse nei momenti del bisogno. Perché secondo me la gioia era uno stato che doveva essere sempre presente dentro di me. La intendevo come un equilibrio, come una forma di serenità, come una sorta di pazienza santa e piacevole, come la fiducia che mettevo nelle cose fatte senza dubbio per il mio bene. Non la confondere per favore con il narcisismo, quella forma mentis che ti fa pensare di essere un gradino sopra agli altri: per me, questa gioia doveva essere la fonte di ogni sicurezza, la convinzione profonda della genuinità e della coerenza del mio stesso essere. La certezza, ecco, di poter portare a termine ogni impresa, di poter realizzare ogni progetto.

Era questo, per me, la gioia. Uno stato mentale ed emotivo in cui sentirmi sicura di poter fare tutto senza limiti, di poter realizzare i miei sogni, in qualsiasi ambito: l’amore, la salute, i soldi, la famiglia, gli amici… tutto. Credevo che la gioia dovesse esprimersi nel sorriso più sincero, quello che ti aiuta ad alzarti dal letto la mattina presto o a prendere sonno la sera come una bambina…

Ora sono certa che esista e so dove trovarla. So anche CHI è il Consigliere Stronzo, dove si nasconde e come “addomesticarlo”.

All’epoca non ero sempre felice. Avevo speranze e aspettative. Avevo l’insostenibile bisogno di sentirmi amata e sicura. Passavo le serate in compagnia di una bottiglia di vino con il cellulare in mano, piangendo sulle spalle delle mie amiche. So precisamente quanta strada ho dovuto fare per poter arrivare dove sono ora. Dalla tristezza, dalla sofferenza e dalla paura fino alla sicurezza, alla fiducia e all’amore che oggi c’è in me.

Se fosse sufficiente conoscere le teorie psicologiche tutti sarebbero facilmente felici. Non credi? La psicologia insegnata nella maggior parte delle facoltà universitarie è esclusivamente teorica, come d’altronde le discipline scientifiche in generale. La studiano anche gli insegnanti delle scuole medie eppure i loro alunni non sono affatto felici. Quando una persona è felice, la sua gioia si percepisce a pelle: tutti sarebbero contenti di andare a scuola e nessuno la percepirebbe come un obbligo se gli insegnanti fossero amichevoli, a partire dal loro sguardo fino al tono della loro voce e ai loro gesti. La loro gioia sarebbe trasmessa e percepita da tutti, nonostante la noia del dover fare i compiti a casa.

Lo stesso varrebbe per i genitori. Soltanto genitori felici possono avere figli felici. I genitori sempre preoccupati, sempre di corsa, sempre insicuri del loro futuro, trasmettono proprio questi disagi ai loro figli. E non sto dicendo che i genitori felici sono quelli che hanno tanti soldi, una casa con piscina, successi professionali e vestiti di marca….

I genitori felici sono quelli che, in qualche modo, hanno trovato dentro la gioia di vivere. A prescindere dall’entità di ciò che possiedono nella dimensione materiale e finanziaria, ciò che conta è la gioia che portano dentro.

Ribadisco allora: se bastasse conoscere la teoria della psicologia… perché non siamo già tutti felici?

 

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Daga & Diego
Daga & Diego

'Se la bacchetta magica non esiste, crea consapevolmente una vita magica!' Contact me: Ispirazionegioia@gmail.com

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